Cosa si intende per “potere disciplinare” dell’Ordine?

I medici e gli odontoiatri, essendo obbligati ad essere iscritti all’Ordine per poter esercitare legittimamente la professione, sono anche soggetti al potere disciplinare dell’Ordine, nel senso che l’Ordine può sanzionare i loro comportamenti se risultano non conformi alla deontologia ed etica medica.

Questo significa che il professionista viene giudicato dal suo Ordine e non dalla Magistratura?

Assolutamente no. Tutti i cittadini italiani (quindi anche i medici) sono soggetti al potere giudiziario sia penale che civile, senza nessuna eccezione. I medici, però, oltre a dover rispondere delle loro azioni alla magistratura ordinaria, sia penale che civile, sono anche tenuti a rispondere dei loro comportamenti davanti all’Ordine al quale appartengono.

Allora significa che per uno stesso fatto il medico può essere chiamato a rispondere davanti a più organi giudicanti?

E’ proprio così.
Poniamo ad esempio che un medico, nell’esercizio della sua professione, causi delle lesioni ad un paziente. Di questo fatto potrà essere chiamato a risponderne sia davanti al magistrato penale (per l’ipotesi di reato di lesioni personali), sia davanti al magistrato civile (per il risarcimento del danno), sia davanti all’Ordine (per l’eventuale mancanza deontologica commessa).
Ma c’è di più.
Se il medico esercita nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale si troverà a doversi giustificare anche davanti alla Corte dei Conti (per l’eventuale danno causato all’erario) e anche davanti all’Azienda Sanitaria o Ospedaliera di appartenenza (che in qualità di datore di lavoro ha sempre un potere disciplinare nei confronti dei propri lavoratori) 

Quindi, in definitiva, per uno stesso episodio il medico può dover comparire davanti anche a cinque organi giudicanti?

Si. Attualmente la legge italiana così prevede.

Ma il giudizio della Magistratura prevale sugli altri, oppure sono tutti giudizi autonomi?

Il giudizio del magistrato penale ha una sua intrinseca prevalenza su tutti gli altri giudizi quando sia di assoluzione piena.
Per spiegarsi meglio, se il medico, al termine del procedimento penale, viene assolto perché il fatto non sussiste o perché egli non l’ha commesso, tale esito assolutorio impedisce sia all’Ordine sia agli altri organi giudicanti di sottoporre il medico ad un ulteriore giudizio per gli stessi fatti. Viceversa, se il medico viene condannato, gli altri organi giudicanti (compreso l’Ordine) hanno l’obbligo di esercitare il loro potere giudicante.

Cosa succede se il medico non viene condannato né assolto, ad esempio perché il reato cade in prescrizione?

L’Ordine conserva intatto il suo potere disciplinare in tutti i casi in cui il professionista non sia stato assolto con formula piena. Quindi se il procedimento penale si conclude per prescrizione, ma anche per amnistia o indulto o remissione di querela, l’Ordine conserva comunque il suo potere disciplinare.
Stesso discorso nel caso in cui il procedimento penale si concluda con il patteggiamento: tale soluzione giudiziaria non impedisce affatto all’Ordine di sottoporre il professionista a procedimento disciplinare.

Questo significa che se il medico è stato condannato in sede penale, lo sarà anche davanti all’Ordine?

No, questa equazione non è valida.
L’Ordine ha piena autonomia di giudizio perché il suo esame non riguarda gli aspetti penali della vicenda, ma esclusivamente gli aspetti etici e deontologici del comportamento del medico.
Per spiegarsi meglio, se il medico ha subito una condanna penale (ma lo stesso discorso vale in caso di patteggiamento), l’Ordine non può mettere in dubbio che il fatto sia davvero successo perché ciò è stato già accertato dal giudice penale e non ci si può tornare sopra. Però l’Ordine ha piena autonomia e libertà di giudizio nel giudicare tale fatto rilevante o meno dal punto di vista della deontologia professionale.
Tornando all’esempio precedente, potrebbe accadere che il medico venga penalmente condannato per lesioni personali, ma l’Ordine potrebbe prosciogliere il professionista, ritenendo che abbia fatto tutto quello che eticamente e deontologicamente era tenuto a fare nel caso concreto.
Il tutto porta a concludere che può accadere che uno stesso episodio, giudicato negativamente dal giudice penale, possa essere giudicato non negativamente dall’Ordine. E ovviamente è possibile anche l’ipotesi contraria, cioè ad esempio che un’estinzione del procedimento penale per prescrizione o remissione di querela potrebbe condurre ad una decisione sanzionatoria da parte dell’Ordine.
Tutto dipende da come l’Ordine giudica il comportamento del medico nel caso specifico dal punto di vista della deontologia professionale.

L’Ordine deve giudicare solo i fatti che hanno dato origine ad un procedimento penale o può agire disciplinarmente anche per fatti ed episodi irrilevanti penalmente?

L’Ordine ha competenza disciplinare in tutti i casi in cui vi siano stati abusi o mancanze nell’esercizio professionale e in tutti i casi in cui il professionista, con il suo
comportamento, abbia commesso atti disdicevoli al decoro professionale.
Ciò significa che l’Ordine può agire disciplinarmente anche in assenza di un qualunque procedimento penale o civile o di altra natura.
Ad esempio, anche solo un esposto di un cittadino-paziente che arriva all’attenzione dell’Ordine può innescare un procedimento disciplinare nei confronti del professionista, anche se nel caso segnalato non vi è alcun profilo di responsabilità penale, civile o di altra natura.

Nel caso in cui ci sia un procedimento penale in corso, l’Ordine deve attenderne l’esito? 

Sì, perché se il procedimento penale si conclude con l’assoluzione piena del medico, l’Ordine non può agire disciplinarmente, come detto sopra. Per cui l’Ordine, in questi casi, apre un fascicolo disciplinare, salvo poi tenerlo sospeso fino all’esito definitivo del procedimento penale. Solo se il procedimento penale si conclude con una formula diversa dall’assoluzione piena, l’Ordine riassume il caso e celebra il suo giudizio disciplinare.

In caso di “errore medico” quali azioni esercita l’Ordine?

Il classico caso di "errore medico" (ad esempio: errata o ritardata diagnosi, errata terapia, ecc.) può essere accertato solo dal Magistrato, in quanto presuppone una valutazione peritale di carattere medico-legale, tipica dei procedimenti giudiziari.
L'Ordine, ovviamente, non può e non deve sostituirsi alla Magistratura, per cui se un paziente presenta un esposto all'Ordine lamentando un ipotetico errore professionale, l'Ordine risponderà che non ha la possibilità di stabilire se un errore medico sussiste realmente oppure no nel caso specifico, perché questo accertamento spetta al Magistrato.
Al termine del procedimento giudiziario, se il medico è stato condannato (e quindi è stato accertato l'errore medico), allora l'Ordine, come detto sopra, esprimerà una propria valutazione sul caso, tramite la celebrazione di un procedimento disciplinare, fermo restando che tale valutazione sarà svolta esclusivamente sul piano della deontologia professionale, in piena autonomia.

L’Ordine ha un termine massimo per celebrare il suo procedimento disciplinare?

Sì: entro cinque anni.
Nel caso in cui sia stato pendente un procedimento penale sullo stesso fatto, i cinque anni decorrono dal passaggio in giudicato (ossia dall’irrevocabilità) della sentenza penale.
Se invece sull’episodio non è stato aperto alcun procedimento penale, i cinque anni decorrono dalla commissione del fatto.

Come funziona, in sintesi, il procedimento davanti all’Ordine?

Quando l’Ordine ha notizia di un fatto che può avere rilevanza disciplinare riguardante un proprio iscritto, il Presidente della Commissione competente (medica per gli iscritti all’Albo Medici e odontoiatrica per gli iscritti all’Albo Odontoiatri) convoca il professionista per ascoltare la sua difesa e acquisire eventuale materiale difensivo. Successivamente il Presidente riferisce alla Commissione competente l’esito del colloquio e la Commissione decide se aprire un procedimento disciplinare (contestando al professionista gli specifici addebiti) oppure se archiviare il caso.
Nel caso in cui la Commissione decida di aprire un procedimento disciplinare, ne dà notizia al professionista diretto interessato e alle Autorità competenti ad esserne informate: il Ministero della Salute e la Procura della Repubblica.
Successivamente il professionista viene convocato davanti alla Commissione che lo interroga sui fatti oggetti dell’addebito contestato. Al termine la Commissione formula il suo giudizio definitivo che può concretizzarsi nell’irrogazione di una sanzione oppure nel proscioglimento.
Anche dell’esito del giudizio viene data informazione al Ministero della Salute e alla Procura della Repubblica.

Gli addebiti che l’Ordine contesta al professionista, devono riguardare la violazione di specifici articoli del Codice Deontologico?

No, perché la legge professionale prevede che il professionista possa essere giudicato disciplinarmente dall’Ordine per ogni abuso o mancanza nell’esercizio professionale e nei casi in cui il professionista abbia compiuto atti disdicevoli al decoro professionale.
Si tratta, quindi, di una formulazione ampia e generale, che risale alla legge istitutiva dell’Ordine del 1910 e che addirittura può comprendere anche comportamenti commessi al di fuori dell’esercizio professionale. Per esempio, un medico che risultasse evasore fiscale o che commettesse violenze o furti cagionerebbe un danno morale e un discredito all’intera categoria medica, per cui l’Ordine avrebbe tutto il diritto di agire disciplinarmente nei suoi confronti.
Il Codice di Deontologia Medica esplicita, nel suo articolato, i comportamenti eticamente corretti e quelli eticamente da evitare, ma oltre a ciò, anche comportamenti non contemplati dal Codice di Deontologia Medica possono essere oggetto di giudizio disciplinare (e quindi di sanzione) da parte dell’Ordine.

Quando il professionista viene convocato dal Presidente della Commissione e quando poi, eventualmente, viene convocato davanti alla Commissione, può farsi assistere da un legale di sua fiducia?


Sì, il professionista può avvalersi dell’assistenza di un legale di sua fiducia, a garanzia del suo diritto di difesa.
Tuttavia è ammessa l’assistenza e non la rappresentanza, nel senso che l’avvocato non può sostituire il professionista convocato, ma può solo affiancarlo. Questo perché il procedimento disciplinare dell’Ordine è un procedimento “fra pari” nel senso che deve riguardare gli aspetti deontologici ed etici della professione medica, patrimonio sia dei medici giudicanti che del medico sottoposto a procedimento, per i quali il solo avvocato non può essere sufficiente.

Da chi sono composte le Commissioni disciplinari?

La Commissione Medici, competente per giudicare gli iscritti all’Albo Medici, è composta dai 15 componenti medici del Consiglio Direttivo e presieduta dal Presidente dell’Ordine.
La Commissione Odontoiatri, competente per giudicare gli iscritti all’Albo Odontoiatri, è composta dai 5 componenti eletti in tale Commissione e presieduta dal suo Presidente.

Quali sono le sanzioni che può irrogare l’Ordine?

Le tipologie di sanzioni sono stabilite dalla legge e, dalla più lieve alla più grave sono:

  • avvertimento (cioè richiamo a non ricadere più nella mancanza commessa);
  • censura (cioè una dichiarazione di biasimo per il comportamento tenuto);
  • sospensione da un minimo di 1 mese ad un massimo di 6 mesi;
  • radiazione dall’Albo.

Inoltre la legge prevede ipotesi di sanzioni specifiche per comportamenti specifici. Ad esempio, nel caso di accertato favoreggiamento dell’esercizio abusivo della professione, la sanzione è l’interdizione dalla professione per la durata minima di un anno.
La Commissione decide sull’entità della sanzione in base ad un equilibrato e motivato giudizio circa la gravità dell’infrazione deontologica commessa perché, a differenza della legge penale (secondo la quale è prevista una specifica pena per ogni specifico reato), la legge professionale non individua una specifica sanzione per ogni specifica infrazione, ma lascia libero l’Ordine di determinare la sanzione secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità.

L’Ordine può comminare sanzioni pecuniarie, multe o ammende o stabilire risarcimenti?

No. La legge professionale contempla esclusivamente le tipologie di sanzioni sopra elencate, per cui l’Ordine non può comminare sanzioni pecuniarie, né può imporre il pagamento di risarcimenti.

Il professionista può ricorrere contro la sanzione irrogata dall’Ordine?

Sì, può presentare ricorso alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie che è organo di appello rispetto alle decisioni degli Ordini provinciali. Tale Commissione ha sede presso il Ministero della Salute.
Il ricorso deve essere depositato entro 30 giorni dal ricevimento della notifica della decisione dell’Ordine e ha effetto sospensivo, nel senso che l’applicazione della sanzione rimane sospesa fino alla decisione della Commissione Centrale.
Infine, contro la decisione della Commissione Centrale, sia il professionista che l’Ordine possono ricorrere in Cassazione. Tale ultimo grado di giudizio, però, non ha effetto sospensivo nel senso che nelle more della decisione della Cassazione, la decisione presa dalla Commissione Centrale è esecutiva.

E il cittadino che ha fatto l’esposto? Può ricorrere se non è soddisfatto della decisione dell’Ordine?

No.
La legge professionale prevede che i soggetti legittimati a ricorrere sono, oltre al diretto interessato, soltanto il Ministro della Salute e il Procuratore della Repubblica.
Per cui il cittadino "insoddisfatto" non ha strumenti giuridici per sindacare la decisione dell'Ordine.

Che effetti pratici hanno le sanzioni irrogate dall’Ordine?

In primo luogo la legge prevede che la sanzione disciplinare, quando diviene esecutiva, venga annotata sull’Albo professionale. Siccome l’Albo è pubblico e consultabile da chiunque, anche la sanzione diventa un dato pubblico, conoscibile da chiunque.
In secondo luogo, mentre la sanzione dell’avvertimento e della censura non incidono sull’esercizio professionale (il professionista “avvertito” o “censurato” può comunque continuare ad esercitare regolarmente), la sospensione, l’interdizione e la radiazione interrompono (temporaneamente o definitivamente) l’esercizio professionale, impedendo al professionista di esercitare.
C’è tuttavia da precisare che la sanzione della sospensione o dell’interdizione dispiega i suoi effetti solo sull’esercizio della libera professione (eventualmente anche intra-moenia), ma non sul rapporto di lavoro dipendente, per cui se il professionista è dipendente di un Ente pubblico o privato la sospensione irrogata dall’Ordine non implica automaticamente la sospensione dal lavoro dipendente, che potrà eventualmente essere decisa autonomamente dal datore di lavoro.

Cosa succede se il professionista sospeso o radiato continua comunque ad esercitare?

Commette il reato di esercizio abusivo della professione perché la regolare iscrizione all’Albo è requisito indispensabile per poter esercitare la medicina e l’odontoiatria.
Proprio per evitare questa eventualità e rafforzare l’attività della sanzione, la legge professionale prevede che, in caso di sospensione o radiazione, l’Ordine debba informarne le Autorità Giudiziarie (in primis la Procura della Repubblica) e anche i Ministeri (Salute, Lavoro, Giustizia, Università).

Una volta “scontata” la sanzione, il professionista può rirendere ad esercitare regolarmente?

Sì. Se il professionista ha subito una sanzione sospensiva, una volta decorso il periodo di sospensione, può riprendere ad esercitare regolarmente. Tuttavia rimarrà annotato sull’Albo che egli ha subito tale sanzione, così come rimangono annotate sull’Albo anche le altre tipologie di sanzioni irrogate.

E in caso di radiazione? Il professionista non potrà più esercitare a vita?

La radiazione, per sua stessa natura, è una sanzione così grave che preclude al medico di poter esercitare la professione vita natural durante.
Tuttavia la legge professionale ammette una possibilità di “ravvedimento”: se dopo cinque anni dalla radiazione, il professionista dimostra di aver avuto un comportamento ineccepibile e ha ottenuto la riabilitazione (se aveva subito una condanna penale), allora può chiedere la re-iscrizione all’Albo e l’Ordine, valutando quanto sopra, può concederla.

La sanzione disciplinare dell’Ordine può essere revocata?

La legge professionale non prevede tale ipotesi, ma come tutti gli atti amministrativi, anche la decisione dell'Ordine di irrogare una sanzione disciplinare può essere revocata. Ovviamente solo in presenza di validi e fondati motivi: ad esempio perchè sono emersi fatti nuovi e dirimenti che impongono la revisione del procedimento disciplinare, oppure perchè si scopre che i fatti su cui si fondava la condanna disciplinare in realtà erano falsi o inesistenti.
Si tratta di ipotesi che in ogni caso necessitano di prove inoppugnabili perché la revisione di un procedimento definitivo è sempre evento eccezionale.